giovedì 28 ottobre 2010

Un vero mercoledì universitario


L'assemblea di ieri, nonostante il rifiuto del preside di concedere il blocco della didattica, è stata molto partecipata. Dopo i primi interventi introduttivi di studenti e ricercatori, il consueto imbarazzo degli studenti a intervenire è stato spezzato da alcuni interventi decisivi e provocatori, quale quello della Prof Alisa dal Re e di Giovanni rappresentante in quota Asu, e il clima si è surriscaldato. Perfino il sottoscritto ha osato fare una proposta: tavoli di lavoro in collaborazione tra studenti e ricercatori, dottorandi, professori, per pensare, discutere e riassumere in una sorta di documento costituzionale la nostra idea di università. E' troppo facile criticare senza agire: bisogna davvero tirarsi su le maniche, far girare gli ingranaggi delle nostre menti per dare davvero una forma concreta a quello che chiamiamo "la nostra idea di università", e al contempo dare linfa al valore di una vera democrazia partecipativa.
Tornando a temi più leggeri, dopo l'assemblea ci siamo dati appuntamento in Cà Borin per una pre-occupazione, ossia una occupazione di due ore oltre l'orario di chiusura: il programma prevedeva un aperitivo anti-Gelmini e musica a volontà. Verso le 10.30-11 eravamo circa un centinaio, in un bel momento collettivo di festa, perchè dopo l'impegno "intellettuale" del pomeriggio era anche giusto rilassarsi e godersi un po' la serata. La nostra pre-occupazione, in contemporanea a quella della facoltà di psicologia, si è conclusa a mezzanotte quando tutti i presenti si sono riuniti dietro uno striscione che diceva eloquentemente "Respingiamo questa riforma", in un corteo notturno che ha raggiunto piazza delle Erbe, piena di gente per il mercoledì universitario. Gli ultimi cori contro la riforma e poi il congedo finale: stanchezza, ebbrezza e allegria hanno concluso una giornata dal bilancio, a mio avviso, molto positivo: quello che io definirei un vero mercoledì universitario.

martedì 26 ottobre 2010

Presidenza occupata


Oggi, verso le 11.00, un gruppo di circa 50 studenti di scipol, tra cui il sottoscritto, ha espresso il suo dissenso per la decisione del preside di facoltà, G. Riccamboni, di non concedere il blocco della didattica dalle 14.30 alle 16.30 nella giornata di mercoledì 27, per consentire agli studenti di partecipare all'assemblea di facoltà. La protesta ha assunto i tratti di una occupazione simbolica dell'ufficio di presidenza della facoltà, in via del santo 28, durata circa 90 minuti. All'arrivo del preside è stata subito chiara la sua ostilità ad un vero dialogo con gli studenti presenti, viste anche le sue prese di posizione del giorno prima con i rappresentanti studenteschi dell'ASU. Solo l'arrivo di alcuni giornalisti sblocca la situazione, che vede il preside chiuso nel suo ufficio, e gli studenti in attesa di un confronto: Riccamboni però riconferma la sua decisione, peraltro in contrasto con tutti gli altri presidi delle facoltà in cui è prevista un'assemblea per domani. La sua giustificazione parte dalla difficile situazione dei vari corsi e dalla difficoltà dei docenti di riuscire a concludere in tempo il proprio programma visti i ritardi dovuti alla protesta dei ricercatori, per poi passare ad una sua significativa "previsione" circa la sicura possibilità, a suo dire, che nel prossimo futuro si sarebbero presentate altre occasioni in cui si sarebbe resa necessaria la sospensione delle lezioni , e pertanto per "garantirci la possibilità di bloccare le lezioni in eventualità future", non ritiene opportuno concedere la sospensione per l'assemblea di domani. E' però chiaro che non c'è un vero spirito pro-studentesco in queste affermazioni: il preside sa bene che quella di domani è la prima assemblea di facoltà, forse la più importante perchè quella da cui organizzare tutte le attività future, e la più utile per avvicinare le matricole a queste; oltre al fatto che se in qualità di responsabile della vita della facoltà ritiene che già ora ci sia scarsità di tempo per le lezioni, figurarsi offrirci il blocco delle lezioni a dicembre o a gennaio! Gli animi si surriscaldano, il confronto non è più pacato, i toni di alcuni studenti si alzano e la retorica del preside si fa sempre più fastidiosa. Il risultato è un nulla di fatto: l'assemblea ci sarà come previsto, ma le lezioni non saranno sospese. Il preside costringe di fatto gli studenti a dover scegliere tra due possibilità, partecipare all'assemblea, che vede riunite le varie componenti della facoltà per parlare dei gravi problemi di questa riforma, ma anche della condizione dell'università e dello stato di salute della ricerca in Italia, oppure frequentare le lezioni previste, diritto più che mai da rispettare. Sono situazioni che in una università veramente aperta, libera e volta alla formazione a 360 gradi, e non solo libresca, dello studente non dovrebbero accadere, tanto più in una facoltà di scienze politiche.

domenica 17 ottobre 2010

Un autunno caldo


Ieri ero a Roma, insieme agli operai della Fiom, e a tutti i movimenti studenteschi (medi e universitari) per manifestare contro il comportamento scellerato di questo governo, nonchè dell'elite industriale, fatta coincidere simbolicamente (e non a torto) con Marchionne. Inutile dire che la partecipazione, nonostante la pioggia, è stata molto ampia: non ci sono stime ufficiali ma bastava rendersi conto del fatto che tutto il percorso del corteo era intasato di persone, tanto più che gli interventi dei vari politici e sindacalisti in piazza S.Giovanni sono iniziati quando io, e i ragazzi di scipol (Reality shock), stavamo ancora aspettando di partire dal fondo del corteo, insieme ai gruppi universitari. Insomma quello che si dice una manifestazione di massa.
Cosa possiamo dedurre da tutto ciò? Per prima cosa che una manifestazione di piazza come quella di ieri se alimentata da spirito partecipativo e di solidarietà comune, può concludersi pacificamente senza grandi problemi; cosa che qualche giorno fa Maroni riteneva impossibile, lanciando gravi allarmi di possibili scontri e di infiltrazioni di gruppi esterni; non sono mancate le contestazioni più estreme e radicali (che d'altro canto sono sempre presenti) da parte di alcune minoranze, ma nonostante ciò tutto si è svolto per il meglio.
In secondo luogo, sebbene si trattasse di una manifestazione della Fiom, la presenza di gruppi studenteschi è stata notevole ed ha espresso il sentimento di protesta che ormai da diversi giorni infiamma la penisola, contro la riforma Gelmini, ma anche contro la situazione generale dela scuola pubblica e delle responsabilità delle politiche del governo ("niente bombe sull'Afghanistan, vogliamo più soldi per l'università" era uno dei motti più ricorrenti). Una cosa è certa: il movimento studentesco, pur nelle sue varie articolazioni, non cessa la sua protesta con la manifestazione di ieri , ma promette un autunno infuocato dalle contestazioni; proprio in queste ore si sta tenendo un'assemblea generale nella facoltà di scienze politiche alla Sapienza. Speriamo che questa movimentazione continui e che coinvolga sempre più studenti, in particolar modo qui a Padova dove le proteste non hanno, ahimè, ancora assunto una dimensione significativa in rapporto alla grandezza e all'importanza del nostro ateneo.
L'ultima riflessione che voglio fare è un paragone storico: proprio nell'autunno di 41 anni fa esplodeva la protesta congiunta del mondo operaio e della scuola pubblica; ieri questa situazione si è ripresentata con caratteri di continuità ma anche di novità sul profilo tematico e a mio avviso è stata, la protesta di ieri, un momento di solidarietà collettiva molto utile per chi si oppone al governo Berlusconi. Dobbiamo quindi prepararci ad un "autunno caldo", cosi come era stato definito 40 anni fa, e dobbiamo essere noi studenti universitari nelle prime file di questa protesta generale.

martedì 12 ottobre 2010

Bombe di pace



Quando il caro ministro La Russa ha esposto la sua idea, circa la possibilità di fornire gli aerei militari italiani di bombe, subito è partito il coro apologetico del centro-destra, tentando di cavalcare il turbine di emotività pubblica che si scatena ogni volta, e a ragione per carità, che muoiono dei nostri soldati in missione all'estero. Ma perchè mai, io dico, dobbiamo mettere delle bombe sui nostri aerei? Non siamo noi in Afghanistan per una "missione di pace"? Perchè, signor ministro della difesa, dobbiamo noi dotarci di un armamento che non fa altro che aumentare le vittime tra i civili? Non siamo forse noi italiani, con il nostro esercito, in Afghanistan per "assicurare il benessere e la sicurezza" delle popolazioni afghane?
Non possiamo nascondere, come la Nato e i vari governi hanno tentato e tentano di fare, il fallimento della missione ISAF in Afghanistan. L'intervento militare non ha fatto altro che esacerbare i conflitti e fomentare il fondamentalismo religioso, che spesso sfocia nel terrorismo. L'azione della Nato non è riuscita ad estirpare la minaccia talebana, anzi adesso si vede costretta su posizioni difensive mentre sempre più territori e comunità umane sfuggono dal suo controllo, entrando nel bacino dei fondamentalisti; non si è riusciti ad estirpare la coltivazione dell'oppio, poichè nessuno, tra le varie forze militari in campo, ha adottato politiche agricole alternative e sostenibili per il popolo afghano; insomma l'intervento militare è stato un fallimento e proprio non capisco perchè il ministro La Russa voglia insistere nella missione. Sebbene il ritiro delle truppe dall'Afghanistan, almeno sulla carta, sia abbastanza vicino (estate 2011), di fatto il problema è più importante che mai, visto che una situazione simile si ripresenterà di sicuro anche nelle altre "missioni di pace" italiane.

giovedì 7 ottobre 2010

S.P.Q.R.

Qualche giorno fa Bossi, un ministro della Repubblica!, ha dato la sua interpretazione della celebre insegna della Repubblica romana, S.P.Q.R.: non più senatus populusque romanus, ma la più "padanica" sono porci questi romani, roba che nemmeno il gallico purosangue Obelix si era mai permesso di dire. Ma a queste offese ipocrite della lega verso la capitale ci siamo abituati. Quello che più mi ha fatto riflettere è che, se un giorno prima un ministro ha offeso un numero non inconsistente di cittadini della repubblica di cui è un funzionario rappresentante, qualche giorno dopo la questione venga risolta con un pranzo amichevole tra il ministro e il sindaco della capitale, Gianni Alemanno. Questi dimostra quindi di non essere un sindaco poi tanto responsabile e corretto nei confronti dei suoi cittadini, visto che questa sceneggiata del pranzo con tanto di assaggio e degustazione di piatti tipici romani e padani, sembra più una manovra orchestrata dai vicini centri di potere nazionali per evitare un'ulteriore frattura nella già traballante maggioranza.
Hanno ragione quindi i cittadini romani a lamentarsi di queste manifestazioni "folcloristiche", e spero che anche l'elettorato di destra, che in teoria si dovrebbe sentire rappresentato da Alemanno, abbia espresso la sua disapprovazione.
Non da ultimo è più che mai lampante come Silvio tema il potere della Lega Nord e proprio in queste ore abbia ribadito il suo impegno e quello del governo in direzione del federalismo, a cominciare dal settore fiscale e della sanità. B sa bene che se il governo non dovesse reggere, e si andasse alle urne anzitempo, la Lega aquisirebbe troppo potere e la sua linea politica, ossia difendersi DAI suoi processi, andrebbe in secondo piano.

venerdì 1 ottobre 2010

Sono rimasti in pochi nel parlamento italiano che hanno il coraggio di dire le cose come stanno. Indovinate chi? ma certo! chi se non Di Pietro, che ben conosce la vita e la carriera di S.B., poteva ricordare al presidente, presentatosi alla camera per ottenere la fiducia, quante e quali prove lui stesso abbia dato della sua inaffidabilità?
LA sinistra moderata e "riformista" se ne sta ben comoda sulle sue poltrone, non curandosi della verità, e parlando di crisi di governo e fine legislatura quando sa che se si ripresentasse in questo stato non otterrebbe più voti di quelli che ha ora, anzi ne perderebbe altri. Ma quale qualità ci sono nei quadri dirigenti del centro-sinistra, lo sappiamo bene, visti i 20 anni di governi quasi sempre berlusconiani...