mercoledì 9 giugno 2010

Torniamo in piazza

Cari amici, i destinatari originari di queste mie righe erano i miei compagni di partito, vi lascio immaginare di quale, ma Alessandro ha insistito perchè lo pubblicassi comunque e spero concordiate con la mia idea e ci si possa discutere sopra. Sbaglia, e non poco, chiunque creda che i militanti del Partito Democratico siano d'accordo con tutte le scelte dei vertici, anzi, spesso ci coglie il dubbio che sia davvero il "nostro" partito. Buona lettura

"Torniamo in piazza" non è un'espressione che ha un solo significato, ma andrebbe intesa da più punti di vista: letterale, simbolico, programmatico.

Tornare in piazza significa, a mio parere, riappropriarci degli spazi pubblici delle nostre città, ritornare ad essere presenti fisicamente col fine ultimo di diventarlo culturalmente. Dobbiamo rincontrare la gente, spiegarle che se l'abbiamo delusa in passato, e forse ancor di più nel presente, vogliamo evitare gli stessi errori e farlo anche grazie a loro, sentendo direttamente che consigli hanno da darci.
I cittadini te lo riconoscono quando gli concedi un momento per parlare con loro, per spiegare delle posizioni che riteniamo valide, per comprendere che forse alcune di quelle assunte dai vertici non sono le soluzioni migliori (vedasi caso acqua).
Ascoltare è un verbo che nel nostro ambiente si usa spesso, ma mi sono abituato rapidamente in politica a verificare la coincidenza tra dire e fare. Finora, io son convinto, ci siamo limitati solamente a dirlo, iniziamo perciò a farlo davvero, ritorniamo ad ascoltare la gente.
Ci rinfacciano che il nostro partito si sia distaccato profondamente dalla realtà, a voi non risulta? Ritengo che uno dei motivi possa essere anche questo, uno dei principali, azzarderei.

D'altra parte c'è anche un problema di comunicazione molto serio. Il gigantesco conflitto d'interessi che possiamo fregiarci di non aver risolto ai bei tempi che s'era al governo sicuramente ci riserva pochi spazi, ma non è l'unico motivo per cui le nostre proposte sono poco conosciute dagli italiani. Tralascio l'aspetto di come li utilizziamo quegli spazi, non voglio apparire troppo critico. Dico allora, potremmo forse crearceli noi quegli spazi? Potremmo forse, tornando in piazza, riacquistare il favore dei cittadini?
Non posso, a questo punto, non fare un riferimento. La sera di martedì 25 maggio in Piazza dei Signori, a Padova, c'è stato un dibattito pubblico, presenti Debora Serracchiani, Pippo Civati e Laura Puppato. Non i soliti monologhi, ma un giornalista con domande pungenti e la possibilità ampiamente concessa al pubblico di intervenire. Carissimi, è stato bellissimo.
E' stato bellissimo perchè abbiamo dato un segnale alla gente, soprattutto al nostro elettorato, che ultimamente ci ha dato dei segnali chiari di sfiducia, che non ci vergognamo delle nostre posizioni, benchè minoritarie attualmente, e siamo fortemente intenzionati ad esporci perchè diventino maggioritarie, perchè siamo convinti che la politica per slogan o spot elettorali possa anche essere quella più semplice, ma non per questo anche la più efficace nei fatti.

Cosa è la politica in fondo se non l'amministrazione razionale della cosa pubblica, una riflessione pensata a fondo sul da farsi riguardo il bene comune?

Credo che le nostre idee, il nostro modello culturale, per diventare egemoni, necessitino fondamentalmente di tre cose: spazi, tempo, ottimi interpreti.
Se lasceremo una linea composta di espressioni ricorrenti come: ex-ds, ex-margherita, correnti, persone da collocare, posti da spartire, sbarrare la strada a qualcuno, alleanze improbabili, persone incandidabili, logiche irrazionali ecc. allora potremo aspirare a governare ed amministrate.

Gente, le idee le abbiamo, sono ottime, portiamole avanti con forza e lasciamo tutte le altre cazzate da parte, recuperiamo un po' quella innocenza tipica dell'infante che non si lascia prendere da manie calcolatrici rispetto a spartizioni ed antipatie personali, ritorniamo a fare politica.

Sono consapevole del fatto che la riflessione contenuta in questa nota contiene tante cose già dette altre volte e che molte di queste rientrino in quel campo proprio della banalità, ma mi sentivo di scriverle e di condividerle con voi.


Paolo

2 commenti:

  1. Proviamo con un partito più sexy! Magari Letta con la giarrettiera e la Bindi vestita da drag king. Meditate gente, meditate. Perché anche una singola dichiarazione, può far crollare un miliardo di certezze! http://procatilina.blogspot.com/ W la demagogia!

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  2. Una buona riflessione. A mio parere il primo grande problema è il fatto che non ci sia una linea politica ben definita all'interno del partito. C'è troppa eterogeneità di posizioni, e questo si risolve in titubanze e scelte poco chiare all'elettore. io mi definisco di centro-sinistra ma non voterei mai il pd a meno che non cambi... tanto più che la presunta superiore moralità della sinistra non è che sia proprio stata confermata (vedi scalata unipol). Detto ciò sono d'accordo con te che per poter far ripartire il pd sia necessario un incontro-scontro con i cittadini, che può portare anche nuova linfa e nuovi spunti ai quadri dirigenti.

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